Costi della politica, non cediamo a facili populismi

11 Apr

[di Luca Francesconi]

Uno dei principali punti di scontro tra le varie forze politiche nonché uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle è la riduzione dei costi della politica, tema che in tempi di crisi e di ristrettezze economiche non fa che aumentare in una parte del potenziale elettorato il sentimento di rifiuto verso una classe dirigente che sembra incapace di adeguarsi alla realtà e di calarsi nella società vera e propria.

Pur ritenendo l’eccessiva onerosità della macchina pubblica un problema, dal mio punto di vista  non è il caso di scadere nel facile gioco del “tutti a casa”. Occorre invece una approfondita analisi per capire quali sono i costi da tagliare e quali invece rappresentano valori perfettamente in linea con gli altri paesi europei.

In quest’analisi ci viene in aiuto un interessante studio dell’Istituto Bruno Leoni (clicca qui per scaricare il PDF completo), che offre un ottimo focus per capire dove sia necessario intervenire per diminuire la spesa e dove invece i tagli non garantirebbero grossi risparmi.

Partiamo con un dato: l’Italia spende  l’1% in più di PIL (circa 10-15 miliardi) rispetto agli altri paesi europei per la propria classe dirigente.

Tuttavia, questa maggiore spesa non viene da uscite, quali vitalizi, rimborsi e indennità come spesso i media ci fanno credere, bensì dal normale funzionamento dell’organo statale.

Si evince quindi che il problema riguardante i “vari” bonus di cui godono i politici in fin dei conti non crea grossi problemi al bilancio dello stato (è una questione più morale che economica). A crearli invece, fatto che ritengo ancora più grave, è il normale ciclo della funzione pubblica (legislativa, esecutiva e diplomatica).

In Europa si tratta di un caso sostanzialmente unico, poiché a livello di spesa in assoluto siamo secondi a quota 39 Miliardi, superati solo dalla Germania, paese con una ben diversa situazione economica.

IBL poi illustra una serie di voci di spesa che a mio modo di vedere si possono suddividere in due categorie: quelle sulle quali si può facilmente intervenire in tempi stretti e quelle che non è possibile intaccare nel breve periodo con tagli orizzontali fatti senza un preciso programma di azione.

Facciamo qualche esempio: al primo tipo appartengono le spese per il Parlamento e per il Quirinale, costi che appaiono esagerati (e di molto!) rispetto agli altri paesi della zona euro.

Si pensi che lo stipendio medio di un politico italiano vale cinque volte il reddito mensile medio italiano (in Francia invece ne vale tre volte); a questo vanno poi sommati rimborsi, vitalizi e quant’altro, voci che gli sfortunati politici francesi non conoscono.

Continuando il paragone con il paese transalpino troviamo che, a fronte di ben altri poteri, l’Eliseo costa ai nostri cugini circa 112 milioni di euro, mentre noi per il nostro “caro” (è proprio il caso di dirlo) Napolitano ne spendiamo 349, avendo oltretutto anche il doppio del personale.

Al secondo tipo invece appartengono costi come quelli per le auto blu, che costano globalmente circa 1,1 miliardi di euro. Ecco che a questo punto all’italiano medio viene da dire «tagliamo le auto  blu e risolviamo il problema dell’economia!».

Purtroppo non è così semplice, perché in realtà se andiamo ad analizzare le componenti di questo miliardo, scopriamo che circa 800 milioni vengono spesi per i 19.000 dipendenti (tra autisti e personale di servizio) assunti per far circolare i mezzi. Di conseguenza, tagliando di netto le auto blu, si eliminerebbe soltanto una piccola parte del costo.

Concludendo, con questa breve recensione sul focus di IBL intendo dimostrare che spesso in merito ai costi della politica si sentono declamare analisi e sentenze condotte con leggerezza e senza badare troppo ai calcoli, al solo scopo di guadagnarsi facilmente il consenso tra i cittadini.

Il processo di riduzione della spesa pubblica non può essere ricondotto a dei semplici tagli senza obiettivi, ma deve essere fatto innanzitutto con la consapevolezza di quello che andiamo a fare e su dove andiamo a intervenire.

Altrimenti ogni governo finirà col ricadere sempre nella stessa trappola, ossia tagli dei servizi utili senza risparmi netti e mantenimento delle inefficienze di cui, ahimè, è impregnata la macchina pubblica.

Luca Francesconi

 

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2 Risposte to “Costi della politica, non cediamo a facili populismi”

  1. batsalegio 11 aprile 2013 a 9:41 am #

    Reblogged this on The Brontolon Post.

  2. batsalegio 11 aprile 2013 a 9:41 am #

    Bell’articolo.

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