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Il rogo della speranza

5 Mar

La notizia, le immagini e i video dell’incendio al complesso della “Città della Scienza” di Napoli mi hanno lasciato letteralmente di sasso. Soprattutto perchè, quasi sicuramente, si tratta di un gesto di matrice criminale. Di matrice mafiosa, precisiamo. Per dare l’ennesimo colpo alle speranze di tutti i cittadini napoletani onesti, che non vogliono piegare la testa con rassegnata indifferenza di fronte ai loro diktat.

Per questo condivido con fermezza le toccanti parole di Salvatore Borsellino:

Ieri sugli schermi dei telegiornali sono passate delle immagini di un incendio che in tanti hanno guardato distrattamente, come se si trattasse di uno dei soliti incendi che, soprattutto in estate, devastano il nostro paese e ai quali purtroppo ci siamo ormai abituati, come se si trattasse di un evento naturale, quando invece naturali non sono perché quasi sempre causati non da pazzi piromani ma dal lucido calcolo di criminali che cercano di far nascere nuove selve di cemento distruggendo quello che è uno dei pochi tesori del nostro paese, il paesaggio e l’ambiente, o quel poco che ormai ne rimane.
Ma le fiamme di ieri erano diverse, quelle fiamme stavano distruggendo le speranze di una città, di una città che rappresenta la nostra storia, la nostra cultura. Una città, la mia Napoli, che, come la mia Palermo riesce ancora a essere non bella ma bellissima, nonostante la cupidigia degli uomini, la sete di potere della criminalità, l’incuria dello Stato, l’insipienza e la connivenza dei politici, l’indifferenza di tanti, abbiano fatto di tutto per alimentarne il degrado, per deturparla, per distruggerla.
Questo incendio non può essere accidentale, lo dimostrano l’uniformità e la rapidità con cui le fiamme sono divampate, questo è un incendio alimentato da chi vuole distruggere la nostra speranza, ma noi non ci lasceremo piegare.
Ancora una volta ho il cuore pieno di rabbia e la stessa rabbia vorrei che crescesse dentro il cuore, dentro la testa dei miei concittadini napoletani per ricominciare ancora una volta da capo, per ricostruire, più grande e più bello di prima quello che hanno cercato di distruggere. Per dimostrare a tutti, ancora una volta, che la speranza non si può distruggere.

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Le ragioni di Ingroia

30 Ott

«Rimani, il processo ha bisogno di te» l’urlo di Salvatore Borsellino, «Vado in Guatemala, ma a ragion veduta: gioverà al procedimento» la risposta di Antonio Ingroia.

Si potrebbe sintetizzare così la conferenza-incontro avvenuta tra i due giovedì scorso a Firenze, incentrata manco a dirlo sul tema della Trattativa tra stato e mafia, il cui relativo processo ha preso il via, tra mille polemiche, proprio ieri.

L’appassionato intervento di Salvatore, leader del Movimento delle Agende Rosse, ha puntato il dito contro chi ancora parla di “fantomatica trattativa”, ignorando i fatti riconosciuti anche in sede giuridica.

Inevitabile inoltre l’attacco ai vari Mancino, Violante e Martelli:«Finalmente si rotto un decennale silenzio sull’argomento grazie ai collaboratori di giustizia – ha spiegato ai numerosi ragazzi presenti – ma sto ancora aspettando un pentito del mondo politico e istituzionale».

Sul conflitto di attribuzione sollevato da Napolitano è lapidario:«Si tratta di un macigno posto arbitrariamente sulla strada della verità».

Salvatore, infine, ha chiuso il suo intervento con il già citato appello a Ingroia:«Ti chiedo di rinunciare all’incarico in Guatemala per continuare la nostra battaglia qui in Italia. Se ci sarai per me sarà come vedere Paolo in aula – ha concluso commosso, tra gli applausi – giustizia e verità ne trarrebbero vantaggio».

Il magistrato invece apre il suo intervento con un altro appello, diretto questo alla società civile:«Siamo costretti a fronteggiare omertà, depistaggi, reticenze di uomini di mafia e stato – ha spiegato – non ce la possiamo fare da soli. Abbiamo bisogno di voi, della società. Falcone diceva “La gente fa il tifo per noi” – ha continuato – aveva capito che solo creando un ampio movimento di sostegno si poteva fare qualcosa di concreto».

Ingroia poi risponde, con un’analisi lucida e ampiamente condivisibile, a Salvatore Borsellino:«Non rinuncerò al mio incarico in Guatemala – ha annunciato – ma non si tratta solo di rispettare la parola data alle Nazioni Unite. Negli ultimi tempi, infatti, si sono moltiplicati gli attacchi alla mia persona e a livello istituzionale sono stato isolato. Se restassi quindi le polemiche non si fermerebbero e questo non farebbe bene all’indagine e al lavoro dei miei colleghi – ha spiegato – se vado via, invece, per un certo periodo ci sarebbe più serenità. D’altra parte la fase dell’indagine è terminata e in aula non potrei dare un grande apporto, mentre dal Guatemala potrò dire tutto quello che va detto.

Ci sono molti che sanno la verità – ha concluso – dobbiamo costringerli a dirla».

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